Camminare per essere partecipi di “un’idea” comune.

Francesca Caputo

“[…] Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino […]” (Matteo 2, 1-12).
Il vangelo dell’apostolo Matteo ci rende noto lo storico o leggendario viaggio (la veridicità del fatto varia a seconda delle scuole di pensiero) che compirono tre saggi uomini, da Oriente a Gerusalemme, volto alla scoperta, alla conoscenza, alla rivelazione di un evento che già dall’Antico Testamento si andava teorizzando e che si sarebbe trasformato nel secolare cammino della cristianità.

Il lungo e lento viaggio condusse i Magi alla conoscenza e alla consapevolezza del Dio fatto uomo, sceso dalla dimora del cielo in terra, appunto “Epifania” = ‘manifestazione della divinità’; probabilmente un cammino da intendere come strumento attraverso il quale sollecitare una forte partecipazione delle comunità di tutto il mondo e di conseguenza creare un ambiente di apprendimento collettivo necessario per gettare le basi di una propria storia e una propria memoria da divulgare, ovvero il Cristianesimo. In questo senso il cammino diventa competenza umana in grado di strutturare forme di apprendimento all’insegna della trasformazione e del cambiamento, infatti, quando Gesù nacque gli uomini erano distratti dall’adorazione di divinità fantoccio forgiate con le proprie mani, con poteri prettamente legati ai fenomeni naturali, alla vita e alla morte. I sapienti Magi, evidentemente, per sfatare falsi miti intrapresero il viaggio verso Betlemme, per essere diretti testimoni della fine di un’era e dell’inizio di una nuova, ossia quella della redenzione dell’umanità dai peccati. È questo ciò che intendo con “idea comune”, cioè il prendere coscienza di un sacramento che ci viene donato dall’alto e che solo attraverso lo strumento del cammino si può esaurire, un cammino che si compie sia a livello fisico che spirituale. Nel corso dei secoli il culto del pellegrinaggio ha preso sempre più piede nella coscienza umana dove contrizione, pentimento e confessione rappresentano i parametri essenziali per coronare il fine ultimo di un cammino faticoso, doloroso e scomodo rispetto ad una vita agiata e tentatrice da lasciarsi alle spalle. In ogni modo, oggigiorno, è sbagliato credere che il pellegrinaggio sia qualcosa che coinvolge solo i religiosi e i credenti in generale, infatti, pur mantenendo i connotati classici del pellegrino, esistono viaggiatori che attraversano continenti e paesi per il puro piacere della scoperta, e se grazie a questa arrivano anche ad una “peregrinazione psicologica” non fanno altro che confermare che il viaggio è la base ideologica che fonda il pellegrinaggio soprattutto nella sua forma di ricerca spirituale.