Marietta Di Sario

“Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazareth, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”.

Il vangelo della notte di Natale non ha nulla di poetico, ci racconta di una famiglia che bussa invano alle porte della città di Betlemme alla ricerca di ospitalità, di una donna incinta che è costretta a partorire il suo figlio primogenito in una mangiatoia.
Potrebbe sembrare il racconto di una storia triste ma in realtà è tra i più bei passi delle Sacre Scritture perché non ci nasconde la miseria, la paura, l’indifferenza della nostra umanità e ci ricorda che dalle miserie di una storia c’è sempre una speranza che può rinascere e questa speranza è Gesù Cristo.
È con questa certezza che i cristiani si apprestano a vivere anche il prossimo Natale. La nostra speranza è viva come la memoria di tutte le vite spezzate dal Coronavirus, del dolore delle famiglie che hanno perso i propri cari nella solitudine, della sofferenza di chi non ha più un lavoro, della stanchezza dei medici e degli infermieri che hanno lottato in prima linea negli ospedali.
Oggi, come nel primo Natale, le città sono più belle e silenziose, questo ci permetterà di scorgere più facilmente la stella cometa che ci porta a Gesù Bambino.
Oggi i nostri cuori sono più provati ma, si spera, meno distratti e più orientati all’essenziale. Come ci ha ricordato il Papa, lo scorso marzo, in uno storico momento di preghiera, sul sagrato della Basilica di San Pietro con la piazza vuota: “Con la tempesta è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci; l’appartenenza come fratelli”. L’invito a vivere da fratelli è l’augurio più importante per questo Natale 2020 e per il nuovo anno che siamo chiamati a vivere con speranza.